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La svalutazione del magazzino: aspetti fiscali e contabili

Se l’utilità originaria si riduce, il valore delle rimanenze di magazzino ha un valore attuale di mercato inferiore al costo storico. Ad esempio in casi di obsolescenza. In questi casi, visto che si è verificata una perdita di valore, per prudenza, occorre effettuare un’operazione di svalutazione.

Per chiarezza si suggerisce una svalutazione indiretta mediante la costituzione di apposito Fondo svalutazione. Nel conto economico la svalutazione è da classificare nella medesima voce di bilancio in cui trovano classificazione i beni oggetto di svalutazione.

Secondo l’articolo 2426 le rimanenze di magazzino devono essere  al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore.  La legge non richiede che la riduzione di valore abbia carattere durevole, ma ritiene sufficiente che, ai fini della svalutazione, la stessa possa avere anche carattere congiunturale dal momento che le rimanenze possono essere produttrici di perdite nel breve periodo. Il redattore del bilancio deve tenere conto anche dei cambiamenti di valore intervenute dopo la chiusura dell’esercizio, fino al momento dell’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea.

Tale minor valore non può essere mantenuto nei seguenti bilanci se ne sono venuti meno i motivi. La rivalutazione civilistica fa scattare la tassazione.

Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato secondo il metodo di valutazione applicato, risulta superiore al valore medio dei beni nell’ultimo mese dell’esercizio, (anche per obso-lescenza, moda, danni, deterioramenti, …) l’intera quantità delle rimanenze, a prescindere dal periodo di formazione, si moltiplica per il valore normale (art. 59.4).

Questo “valore minore” attribuito alle rimanenze, costituisce nuovo periodo di formazione per la valutazione Lifo ed è fiscalmente riconosciuto anche negli esercizi successivi, purché non si iscrivano ad un valore superiore in ossequio alle disposizioni civilistiche.

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