Il tema della miopia decisionale non è nuovo. È presente nell’economia classica e viene poi ripreso da Keynes, che ne evidenzia i pericoli sotto forma di erosione della fiducia e di ostacolo per il buon funzionamento dell’economia. Tuttavia dagli Anni Ottanta in poi questo problema è diventato sempre più critico, divenendo parte integrante “degli eccessi di cattiva gestione e di inefficienza che hanno caratterizzato in modo pervasivo le crisi finanziarie più recenti, soprattutto quella che tuttora attanaglia le economie occidentali, scoppiata nel 2008”.
Le radici del problema sono da ricercare nella trasformazione del modello di capitalismo: da quello primitivo, cosiddetto “imprenditoriale”, basato sulla sovrapposizione tra proprietà e gestione, a quello moderno basato sull’articolazione e sulla complessità delle strutture societarie e sulla progressiva maggiore distanza tra proprietà e responsabilità gestionale. La catena “proprietà-controllo” si allunga: dal risparmiatore agli investitori istituzionali; da questi ultimi ai gestori di portafoglio; dai gestori al management delle società. Ognuno di questi passaggi ha i suoi problemi di agenzia e il rapporto tra i soggetti finali della catena, da una parte il risparmiatore (detentore del capitale) e dall’altra il management delle società (il decisore dell’impiego del capitale), si allunga e si diluisce. La miopia decisionale si radica in ognuno dei passaggi di questa catena
Appare dunque evidente che l’esplosione dell’inefficacia dello “short-termism” fa il paio con l’implosione del modello efficientistico (ma da molto tempo per nulla efficiente) del “Comando e Controllo“. Ed è ironico notare che così come le conseguenze del preteso “Scientific” Management sono quelle di condurre a sistemi organizzativi percorsi da comportamenti del tutto irrazionali (perché guidati dalla Paura, se non addirittura dall’Odio dell’hobbesiano homo homini lupus, e non dalla Cura indispensabile per ottenere un vero Engagement), la fine del Taylorismo fondato sulla reificazione della Pianificazione a lungo termine si consuma sull’altare dell’ossessione dei risultati a breve.